giovedì 8 marzo 2012

Caroline e Henriette. Due grandi donne dell'astronomia


Una grande donna e scienziata con una vita "secolare" : Caroline Lucretia Herschel (1750-1848). Una vita che sembrava predestinata, come molte di allora, a un’esistenza grigia e sottomessa ai voleri ed esigenze della famiglia, originaria di Hannover, e si trasformò invece in una specie di favola, con una delle più strane carriere di scienziata che si ricordi. Il padre voleva che la figlia Caterina s’istruisse, ma la madre ne voleva invece fare una donna di casa per avere un aiuto nei lavori domestici, e la spuntò sul marito. Caroline non ebbe così alcuna educazione e la sua vita prese la direzione tranquilla e castigata di un’esistenza da eterna “signorina”, di allora, a servizio della famiglia.

Ma con la sua intelligenza e caparbietà la Herschel diede una sterzata a 180 gradi, favorita certamente dall’innata passione per la conoscenza che portava dentro di sé e che il padre, suonatore di oboe nella banda di Hannover, non mancò di agevolare per quel che poteva. Appena le fu possibile sfuggì alla madre e raggiunse il fratello William, modesto musicista ma grande astronomo che, nel frattempo, si era spostato in Inghilterra, aveva compiuto già notevoli scoperte, fra cui quella del pianeta Urano, e guadagnava decentemente, dato che era alle dipendenze del Re.

Fu lui a iniziarla alla musica, alla matematica e fisica di allora e Caroline apprese finalmente, e in breve tempo, quella scienza che le era stata negata in gioventù.



Da domestica del fratello ne divenne ben presto l’assistente arguta e scrupolosa, sia nelle lunghe notti passate a osservare il cielo che, di giorno, per i complessi calcoli necessari in astronomia, allora fatti faticosamente a mano.

Questa nuova condizione, a quell’epoca, sarebbe già stata una vittoria e un segno di distinzione ma Caroline, pur rimanendo collaboratrice del fratello, si rese completamente autonoma come scienziato. Fu la prima donna a scoprire una cometa il 1 agosto 1786, e questo le valse la notorietà internazionale. Da allora fu un susseguirsi continuo di successi: 8 comete scoperte, un importante commento al lavoro del grande astronomo dell’epoca, Flamsteed, un intero catalogo di nuovi oggetti celesti, fra cui nebulose e galassie, scoperti col telescopio di cui gli Herschel disponevano.



Grazie a tutto questo fece parte dell’Olimpo della scienza di quell’epoca, con amici del calibro di Gauss, ritenuto il più grande matematico mai vissuto, e fu, assieme a Mary Somerville altrettanto famosa studiosa di matematica e fisica, nientemeno che la prima donna ammessa alla Società Reale di Scienza. Un evento epocale. I suoi 97 anni li festeggiò suonando per i principi reali un pezzo di musica scritto dal fratello William. Morì l’anno dopo.

In suo onore fu assegnato il nome di “Lucretia” a un asteroide nel 1889 e quello di “Caroline Herschel” a un cratere lunare nel 1935.

Una storia diversa, ma egualmente importante, è quella, aimè assai più breve, di Henrietta Swan Leavitt (1868-1921). Da un lavoro modesto, malpagato e ripetitivo riuscì, grazie al suo ingegno, a trarre il massimo: una delle leggi che sconvolsero la nostra visione dell’Universo permettendo agli astrofisici di misurare finalmente le distanze delle galassie in modo semplice e accurato.


La Leavitt fu assunta come “calcolatore” all’Osservatorio di Harvard. Questo curioso ruolo è stato presente negli Osservatori Astronomici, anche italiani, fino agli anni ’60 del secolo scorso. L’astronomia, infatti, è una scienza che comporta una quantità enorme di calcoli che, prima dell’avvento dei computer, dovevano essere svolti a mano da schiere di “calcolatori” umani.  La Leavitt entrò dunque nel 1893 nel gruppo di donne calcolatrici guidato dal famoso astronomo Pickering. Il problema di allora era visionare e catalogare una quantità enorme di lastre fotografiche che erano prodotte dai vari telescopi di Harvard. Pickering aveva provato a far lavorare studenti maschi, pagandoli poco o niente, ma il lavoro non era interessante e i giovani riempivano di errori le loro relazioni sulle varie lastre.

Pickering virò allora sulle donne, mettendo insieme un team che lavorò per anni molto bene, e decisamente a costi ridotti rispetto ad altrettanti colleghi maschi. La Leavitt era disgraziatamente sorda, ma si pensa che questa menomazione le permettesse addirittura una migliore concentrazione nell’esame delle lastre fotografiche che riportavano le immagini delle varie zone di cielo riprese.

Il lavoro di catalogazione delle lastre di Harvard, eseguito dal gruppo di donne, fu massacrante ma mastodontico e preziosissimo per l’astrofisica, e in questo la Leavitt si distinse anche sopra le altre.

Ma la vera scoperta si deve al suo acume: notò, infatti, che alcune stelle, chiamate da allora Cefeidi dato che la prima scoperta da Henrietta fu proprio in quella costellazione, variavano la loro luminosità con una costanza e periodicità che potevano essere descritte da una semplice legge matematica.

La cosa non era da poco, La Leavitt aveva scoperto una specie di stella che poteva essere considerata come un “faro” nell’Universo. E inoltre questa particolare specie di stelle era molto diffusa nell’Universo, quindi facile da trovare e usare: infatti, ogni volta che si osserva una stella variare con quella legge si può capire quanto dista, confrontando la luminosità che si osserva con quella che sappiamo, deve avere intrinsecamente. Esattamente come un faro: da quanto luminoso o debole lo vediamo, possiamo sapere quanto dista, conoscendo ovviamente la sua luminosità intrinseca.


Questa legge squassò letteralmente, agli inizi del secolo scorso, i confini dell’Universo conosciuto, centuplicandoli e più dato che permise di capire finalmente che le “nebulose” che si intravedevano con i telescopi di allora, non facevano parte della nostra Galassia, la Via Lattea, ma erano invece erano lontanissime galassie.  Grazie alla Leavitt l’Universo cambiò in un attimo e si popolò quindi di quei miliardi di galassie che conosciamo oggi, ognuna con miliardi di stelle.

Purtroppo la Leavitt, che fece anche altre scoperte di rilievo, morì ancora giovane e non poté mai ritirare quel premio Nobel per cui anche era stata unanimemente proposta.

Per onorarla, anche per lei venne assegnato il suo nome ad un asteroide e ad un cratere lunare.

Due storie che ci raccontano come si possa cambiare con intelligenza e caparbietà, e forse un po’ di fortuna, il destino che sembra esserci assegnato.
 

1 commento:

  1. Post di straordinaria bellezza, Leo. Se me lo consenti lo segnalo su scientificando, riportandone l'introduzione e rimandando la lettura al tuo blog.

    Fammi sapere.

    Annarita

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